I SANTI DELL'ANNO 2064 | Tommaso Buldini e Margherita Paoletti
Mar 21, 2024 → Jun 30, 2024, Cellar Contemporary
Mar 21, 2024 → Jun 30, 2024, Cellar Contemporary
C’è stato un tempo, in cui i corpi dei santi erano meta di lunghi pellegrinaggi; c’è stato un tempo, in cui le reliquie dei santi - un dente, un brandello di veste, o persino un ossicino - costituivano pregiata merce di scambio nei traffici commerciali; c’è stato un tempo, in cui le stampe che rappresentano i santi venivano diligentemente affisse dalle donne nelle ante dei loro corredi nuziali a protezione della dote; c’è stato - e c’è ancora - un tempo, in cui i santi venivano venerati con la consegna di piccoli doni, per suggellare un desiderio o una promessa, o per ringraziare di una grazia ricevuta. Si tratta, in questo caso, di ex voto (ex voto suscepto la formula completa) che rievocano le circostanze che hanno spinto il fedele a richiedere l’intercessione, o che più spesso si trovano semplicemente contrassegnati dall’acronimo PGR (Per Grazia Ricevuta).
Figure percepite come tassello di connessione tra umano e divino, a queste persone dall’aura spirituale veniva attribuita la paternità, perlopiù postuma, di eventi miracolosi. Le storie sulle vite dei santi si sprecano, fino a costituire l’affascinante filone letterario che prende il nome di agiografia, collocato a metà tra storia e leggenda. Nel mondo contemporaneo si potrebbe pensare ai santi come a modelli ispirazionali a cui tendere, umani e pertanto possibili. Eppure, al contempo, trasmigrati in un Olimpo ideale simile a quello in cui nell’immaginario collettivo si collocherebbero oggi attori e attrici, influencer, e altri personaggi dello star system.
Ma chi saranno i santi dell’anno 2064?
In un futuro in fin dei conti non troppo lontano, ma che appare ancora ipotetico, tra premonizioni cataclismatiche, conflitti internazionali, e strenue lotte per le parità, provano a dare la loro personale risposta Tommaso Buldini e Margherita Paoletti. Attingendo dalla loro mitologia di riferimento, i due artisti si rivolgono con nostalgico romanticismo alla sottocultura indipendente del periodo in cui sono cresciuti, a cavallo tra la fine del primo e l’inizio del secondo millennio, per immaginare i santi del domani in una prospettiva fantascientifica coerente con il proprio linguaggio espressivo. Se per Buldini questa riflessione inizia da una rinascita personale che si traduce nel ritorno a una sorta di Eden, apparentemente più distante dal mondo demoniaco che caratterizza fin dagli esordi la sua produzione artistica, Paoletti rivela il suo lato più dark, ricordando che i santi e le sante più famosi della storia sono stati anche guerrieri invischiati in sanguinose vicende.
Tracciando un audace parallelismo tra I santi dell’anno 2064 e la Bibbia, le opere di Tommaso Buldini si troverebbero nell’Antico Testamento, fatto di visioni mistiche, denso simbolismo, storie dai contorni sfumati, talvolta confusi e mischiati; mentre i lavori di Margherita Paoletti costituirebbero il Nuovo Testamento, in un susseguirsi consequenziale di episodi incentrati prevalentemente su un personaggio - Lea nella serie di opere Sonde Croniche - e sulle sue avventure più o meno spirituali. Anche nell’antichità, per semplificare i criptici testi sacri, inaccessibili ai più, si ricorreva alla potenza delle immagini: preziosi cicli di affreschi, che sulle pareti delle Catacombe, delle chiese o dei conventi decoravano gli edifici sacri, immagini miniate sui manoscritti, e perfino la cosiddetta Biblia Pauperum testimoniano ancora oggi l’indissolubile legame tra arte e spiritualità, o meglio tra figura e comunicazione, in tempi in cui la diffusione capillare della conoscenza religiosa aveva una fondamentale funzione consolatoria, ma anche legislativa.
Gli artisti contemporanei non avanzano alcuna pretesa didattica, ma sulla loro capacità di interpretazione del mondo e della società non si discute. Così, se possiamo leggere le opere di Tommaso Buldini come una rappresentazione di un giardino delle delizie dove però le mele sono già cadute e stanno pericolosamente verminando a terra, nelle tele e nelle carte di Margherita Paoletti si trova un inno alla guarigione che parte da un percorso autobiografico per estendersi a un discorso universale.
Il 2064 di Tommaso Buldini è popolato dalle api, insetto che più di ogni altro simboleggia la vita, il cui ricorso si presta alle più svariate interpretazioni, dall’operosità, all’organizzazione, alla purezza e alla capacità di produrre e donare ricchezza, allegorie, queste, che hanno trovato riscontro nella scienza e perfino nell’estetica cinematografica recente. Si trovano, poi, numerosi Blemmi, creature fantastiche utilizzate per rappresentare nella trattatistica medievale il diverso per antonomasia, tratteggiati con la grottesca vena ironica che caratterizza il lavoro dell’artista. Questi sono spesso mira di cupidi infernali, o narratori di avventure fantastiche, dove specie vegetali OGM sono tempestate di occhi umani. Senza dimenticare, nelle opere più grandi, le trombe squillanti del Giorno del Giudizio, sovraffollato di personaggi che di michelangiolesco hanno ben poco, ma che per i loro comportamenti lussuriosi creano molta più empatia e invogliano a seguirli nel loro mondo colorato di perdizione.
Nel Pantheon di Margherita Paoletti invece si trova Kantaryocán, dea delle cicatrici, che deve il suo nome al fiore dell’iperico. Questo fiorisce e si raccoglie solo nel giorno di San Giovanni, e cioè quando tutti i petali degli altri fiori sono già caduti nei catini delle donne, che portando avanti un antico culto pagano vi si lavano il viso la mattina del 24 giugno. Fiori dorati, che spuntano nei giorni più lunghi dell’anno, e tra le loro innumerevoli proprietà benefiche racchiudono anche il mistero della luce che si abbrevia e conclude così il ciclo della rinascita primaverile. C’è poi la dea Kalì, che rappresenta la morte e fa da contrappunto a Santa Margherita che, uscendo vittoriosa dal drago, la morte l’ha appena sconfitta. C’è anche Santa Rosalia, l’eremita oscura capace di sfuggire a un destino prefigurato. Su tutte le sante, spicca però una dea umana, Lea, l’alter ego dell’artista protagonista della saga Sonde croniche, una produzione parallela a quella pittorica in cui Paoletti offre libero sfogo ai linguaggi del disegno e dell’incisione, fino a sconfinare nel fumetto. E, allora, può anche scatenarsi l’Apocalisse, dove il racconto biblico raggiunge l’apoteosi del fantastico.
Su questo terreno si suggerisce una complementarietà tra i lavori dei due artisti, che compiono, insieme, il tentativo di creare una nuova epopea e rivolgono alla collettività l’invito a trovare un’identità contemporanea sulle tracce delle proprie radici. Così, per non farsi trovare impreparati all’arrivo del 2064, che è ancora lontano, ma non troppo.
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by Davide Raffaelli
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